
Quando nei primi anni del ‘900 molti cittadini dai paesini etnei emigrarono in America, il fenomeno, di grande impatto sociale, non passò inosservato, nemmeno agli uomini di cultura: Antonio Aniante, scrittore del secolo scorso, che ebbe i natali a Viagrande , dedicò un Inno al paese nativo dove scrive, fra l’altro “la gente una notte emigrò oltremare e il paese rimase deserto; gli emigranti partirono una notte che il cielo era primavera”. Quegli emigranti) andarono ad abitare nel Massachusetts e la maggior parte di loro fece fortuna. Gli emigranti – sia di Viagrande che di Trecastagni traghettarono, con loro, la profonda devozione nei confronti di S. Alfio e dei suoi fratelli Filadelfo ( o Liberto) e Cirino, le cui testimonianze, dalle nostre parti, sono costituite dai moltissimi ex voto esistenti nel Santuario di Trecastagni.. Un genuino sentimento religioso che li ha seguiti nel Massachusetts, traghettato, assieme ad altre genuine tradizioni, con facilità visto che non occorreva spazio nei loro corposi bauli, profondamente radicato nei cuori degli emigranti siciliani e gelosamente nascosto a tutti, sino a quando non esplose con tutta la sua forza nelle cerimonie religiose del nuovo continente. << La festa di S. Alfio – ci narra Giovanni Giuffrida che emigrò in America negli anni ’60 e che abbiamo raggiunto telefonicamente nella sua abitazione di Methuen dove abita assieme alla sua numerosa famiglia- qui la celebrano da 99 anni e non vediamo l’ora di giungere a Settembre dell’anno prossimo per festeggiare i centenario della festa.>> Giovanni e alcuni suoi familiari fanno parte della Società per la “ Feast of the three Sants”, composta da 140 soci i quali per diventare tali devono possedere due requisiti importanti: avere raggiunto i 18 anni ed essere figli o nipoti, anche di seconda o terza generazione, di immigrati italiani. << Ed è abbastanza importante evidenziare- ci narra in un italiano americanizzato il buon Giovanni Giuffrida – come qui a Methuen, tanti giovani, figli di siciliani, sono ansiosi di raggiungere l’età richiesta per poter entrare nella “Società” e collaborare per la festa dei Tre Santi.>>. Ray Messina, la cui famiglia emigrò dalla Sicilia negli anni ’50, ed i cui genitori, dopo avere vissuto in America per oltre mezzo secolo, hanno chiesto di essere seppelliti dopo la morte nel Cimitero di Viagrande, ha precisato:<< La festa dei Tre Santi è molto sentita e seguita da tantissimi siciliani che arrivano a Lawrence Mass anche dalla California: mio fratello Peter( che ha traghettato l’arte degli arancini e delle pizze siciliane) addirittura è orgogliosissimo di far parte della “società” che organizza i tre giorni di festa.>> Anche sotto questo punto di vista, al di là dell’oceano, continuano le tradizioni tipicamente siciliane. Infatti, mentre dalle nostre parti gli organizzatori delle feste (S. Mauro, S. Alfio etc) si raggruppano in “commissioni” o comitati, a Lawrence hanno costituito la “società” ed i cinque componenti di essa che, durante l’anno, riescono a raccogliere il maggiore quantitativo di denaro per la festa, hanno, fra l’altro, il diritto, bardati di una vistosa a fascia rossa ( i più giovani indossano una fascia verde), di salire sul fercolo e dirigerne le operazioni durante la processione. Fra i corpi bandistici , c’è quello composto da siciliani, con la fascia tricolore a tracolla dei musicanti che, durante le varie fasi della festa, esegue, tuttora, l’antica marcia reale dei tempi dei Savoia, con i devoti che offrono centinaia e centinaia di dollari e “fasci di cera”, indossando abiti rossi. C’è anche chi ha copiato la “corsa dei nudi”, con fasci di cera sulle spalle: Carmen, da Methuen, seconda generazione di immigrati, il primo anno che , da “nudo” fece “il viaggio” a S. Alfio correndo lungo i quattro km che lo distanziavano da Lawrence fu fermato dai policeman , portato al comando della polizia ed interrogato. E siccome non parlava ancora bene l’inglese ce ne volle per far capire cosa stesse avvenendo. Quando i fatti furono chiariti, finì tutto in una grande risata e con una bella scorpacciata di arancini preparati da una famiglia viagrandese e una corposa bevuta di birra e coca . |